Nel pomeriggio della domenica poi a seguito della visita da Vini Raimondo, con alcuni amici siamo andati a Paliano per conoscere un’altra produttrice Donna, presentatami dal mio amico di zona Fabio Fiorletta


Ad accoglierci c’è Maria Elena Sinibaldi, classe 1960 nata e cresciuta tra i filari dei vigneti della sua famiglia, che ha sempre fatto vino. La sua passione per l’agricoltura è radicata in se al 100%, al punto da portarla a continuare la tradizione di famiglia tutta da sola, cercando di sfruttare al massimo i vitigni autoctoni della zona che il “Frusinate”, e in particolare Paliano, le ha donato.

Il suo vigneto, appena 3 ettari situati su una collinetta circondata dai monti Simbruini e Lepini, dove soffia forte il vento quando cambia tempo e si incanala tra il terreno e i filari, di cui una parte è coltivata a Guyot e in alcuni punti a Pergola, che Maria Elena ha lasciato a testimonianza dall’antica tradizione della sua famiglia col vino, è davvero un fazzoletto unico, ad oggi non mi era ancora capitato di trovarne composti così.

C’è dalla Passerina al Moscato Bianco, Moscato Giallo, Pagadebit, Bellone pampanaro Trebbiano del Lazio, Malvasia di Candia, Malvasia Puntinata, Nerone, Cesanese di Affile, Cesanese comune. Una vera rarità per certe uve da trovare da queste parti. Negli anni ’50 sono stati impiantati diverse tipologie di uve, esperimenti che hanno portato ad ottener ottimi risultato per i vitigni autoctoni delle altre zona d’ Italia.

Quelle degli autoctoni di zona invece sono per la maggior parte addirittura piante pre-fillossera, una rarità a dir poco sorprendente.

Dopo la visita nel vigneto ci accomodiamo alla volta della conoscenza delle etichette di Maria Elena da vicino. Dopo aver scoperto i numerosi vigneti autoctoni e non presenti nel suo vigneto sono ancora più curiosa. 


Cominciamo da “Genesta” ,Frusinate bianco IGT 2018 blend metà di Moscato giallo e Moscato bianco, che fa solo acciaio. Il colore è giallo paglierino intenso e i profumi sono tutti quelli del buon Moscato: fiori, frutti, sentori vegetali, forte è l’aroma della Ginestra, fiore al quale si inspira proprio il nome dell’etichetta. Fermentazione in acciaio e finisce il suo affinamento in bottiglia. Un’etichetta del tutto anti-territoriale (passatemi il termine) ma ben riuscita a dimostrazione del fatto che le caratteristiche pedo-climatiche ideali per la viticultura di cui gode la  regione Lazio, sono in grado di tirar fuori ottimi vini, seppur non autoctoni.


Il secondo è il “Passerò” 100%, Passerina del Frusinate Lazio IGT 2017, vitigno a bacca bianca autoctono della zona. Passerò però ci spiega Maria Elena, è una Passerina che vuole distinguersi dalla solita offerta, per questo ci versa la 2015 e ci spiega che fa fare una surmaturazione  sulle bucce più del solito trend, proprio per ottenere un vino carico, dal corpo medio che offre al naso un varietale mediamente complesso e che rispetto al Genesta rimane più delicato.

Arriviamo al “BIVI” il Cesanese del Piglio D.O.C.G. composto da uve Cesanese Comune e in quantità minore il Cesanese di Affile  il cui nome trae ispirazione dalla dialettica ciociara del termine “bevi”. Anche qui Maria Elena gioca duro. ci fa assaggiare prima la ’15 che ha fatto solo acciaio e poi ci offre la ’16, leggermente più morbida per passaggio in legno di 6 mesi.op

La produttrice ci spiega poi che il suo intento è quello di offrire qualità massima e piena espressione territoriale attraverso i suoi vini, cercando di produrre vini di altissima qualità che permanendo più tempo in bottiglia, riescono a dare dei risultati sbalorditivi, grazie al salto evolutivo che riescono ad ottenere. Il tutto poi è accompagnato da prodotti fatti in casa e tipici della Sua tradizione (perchè la prima cosa che asserisce quando cominciamo la degustazione, è il fatto che “nessuno va via da Santa Maria a panza vuota” . Il prodotto offerto che mi ha colpito maggiormente è stata la panzanella in stile ciociaro, che consiste in una fetta di pane casareccio, bagnata dall’olio extra vergine di oliva prodotto sempre da Lei, (ha anche un piccolo orto e qualche albero di Ulivo dietro il vigneto) con sopra una “sbriciolata” di un composto essiccato di mentuccia” romana e selvatica che cresce libera nel suo vigneto.


Un’esperienza fatta di buon vino buon cibo in un clima e un paesaggio di campagna mozzafiato come quello del Frusinate. Venite a trovarla, sarà un’esperienza che arricchirà il vostro sapere e farà godere il vostro palato.